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Sport lunedì 21 gennaio 2019 ore 22:20

Massimiliano Allegri: quando pensare su 14 fa la differenza

​Non solo questione di rosa, uno dei segreti che ha portato all’apice del successo l’allenatore livornese è la capacità di gestire i cambi e la panchina della Juventus



LIVORNO — Le stagioni sono sempre più lunghe e intense, tra due anni entrerà in vigore anche una terza coppa europea ad arricchire il già fitto calendario del pallone. Si tornerà a quando c’era anche la Coppa delle Coppe, ma in compenso i campionati erano a 18 squadre e la Champions era decisamente più corta della formula attuale, per non parlare della vecchia e cara Coppa Uefa. Ecco dunque che allestire grandi rose, soprattutto per i top club, sia a livello di quantità che qualità diventa fondamentale.

Chi riesce a gestire al meglio le risorse mentali e fisiche del gruppo a disposizione fa la differenza, soprattutto a fine anno quando le energie calano: chi ne ha di più, atleticamente e psicologicamente, ottiene un grosso vantaggio rispetto alle rivali. Anche nella singola partita ragionare sulla lunga distanza può però rappresentare un fattore, a dir poco decisivo. Sono pochissimi gli allenatori che preparano un match su 14 e non su 11 giocatori, fra questi il numero uno assoluto è Allegri.

Facile, verrebbe da dire, vista la rosa a disposizione. Quando puoi permetterti un tridente offensivo in panchina che risponde ai nomi di Cuadrado, Bernardeschi e Douglas Costa chiunque farebbe così: vero, ma non troppo. Perché l’attitudine del tecnico toscano nel puntare in maniera decisiva anche sui sostituti la si evince sin dai suoi tempi a Cagliari e poi al Milan, quando spesso risolveva le partite lasciando appositamente degli assi nella manica in panchina, per essere decisivi e più freschi nell’ultimo spezzone di gara.

Secondo uno studio elaborato da Sports Bwin, Allegri è l’allenatore per eccellenza della speciale classifica: su 296 sostituzioni effettuate ha guadagnato la bellezza di 107 punti, equivalenti a 13.7 punti a stagione, un dato straordinario. Sulla scia Ancelotti che ne ha invece fatte 127, guadagnando 40 punti ottenendo una media invece di 12 punti all’anno. Chiude il podio Simone Inzaghi, con 95 cambi e 29 punti ottenuti per un’ottima media di 11.6 punti a stagione.

Fra i top della Serie A chi sembra essere poco avvezzo ai cambi e a puntare su di essi è Di Francesco, nonostante dopo la Juve possa godere probabilmente della più ampia rosa a disposizione. Il tecnico giallorosso ha effettuato 196 cambi raccogliendo 9 miseri punti, per un totale medio di 1.7 punti all’anno, un dato quasi imbarazzante per il valore degli uomini a disposizione il numero di cambi effettuati.

I giocatori da subentro restano nella storia del calcio italiano, quel mito di chi è più affidabile a partita in corso che dall’inizio. Come non ricordare il Montella dello Scudetto romano nel 2001, fino a Del Piero che con Capello era subentrante fisso a Trezeguet o Ibrahimovic. Oggi nomi meno altisonanti ma efficaci, come Mario Stepinski al Chievo Verona, Douglas Costa alla Juventus ma soprattutto Patrick Cutrone al Milan che però, con l’addio di Higuain avrà l’occasione immediata per sfatare il mito e stabilire se sia falso o meno.


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